La nostra storia

L’Unitalsi è un’Associazione di fedeli, uomini e donne, sani e ammalati senza distinzione di età, cultura, posizione economica, sociale e professionale, a carattere nazionale, articolata in 19 Sezioni, 2 Delegazioni estere (Malta e Repubblica di San Marino), e 280 Sottosezioni che operano rispettivamente in campo regionale e diocesano con il carisma iniziale di accompagnare gli ammalati al Santuario di Lourdes e in altri santuari internazionali.

Tra i santuari internazionali, quello di Lourdes gode di un particolare privilegio non solo perché strettamente radicato negli eventi straordinari o soprannaturali, manifestatisi nel 1858 in questa cittadina della Francia meridionale, ma anche perché per gli unitalsiani questo è il luogo di nascita dell’Associazione essendovi nata nel 1903.

Ideatore dell’Unitalsi è un giovane ammalato romano di ventitré anni, Giovanni Battista Tomassi, nato il 29.11.1880, figlio dell’amministratore dei Principi Barberini, affetto da una forma artritica acuta e irreversibile e in carrozzella da quasi dieci anni; è molto sofferente nel corpo, ma soprattutto è molto tormentato nello spirito per la sua ribellione a Dio e alla Chiesa.

Avendo saputo dell’organizzazione di un pellegrinaggio a Lourdes, il Tomassi chiede di parteciparvi con l’intenzione ben precisa, se non avesse ottenuto la guarigione, di compiere uno scandalo, un gesto di clamorosa sfida e bestemmia: suicidarsi ai piedi della Madonna.

Siamo alla fine di agosto del 1903; Giovanni Battista Tomassi è carico di rabbia per la malattia che lo tormenta, è nutrito di anticlericalismo e viene descritto da un altro partecipante, il Prof. Carlo Costantini, che poi nel 1909 viene nominato Vice Presidente dell’Associazione, come un giovane dallo sguardo truce: “Il suo sguardo così fiero, direi sprezzante, gli alienava quella naturale e profonda simpatia che ogni anima cristiana sente verso l’infelice”

Accade però che, giunto alla Grotta dove l’Immacolata era apparsa a Santa Bernadette, viene colpito dalla presenza dei volontari che aiutano i malati ad entrare nella Grotta per pregare e percepisce appieno che la condivisione amorevole dei volontari dava conforto, speranza e serenità ai Sofferenti.

Per tutti i giorni del pellegrinaggio è smarrito, sconvolto, taciturno e insieme pensieroso; non ottiene il miracolo, non attua il proposito di suicidarsi, ma alla stazione di Lourdes, al momento del rientro, chiede di parlare con il direttore spirituale del pellegrinaggio, il Vescovo Mons. Radini Tedeschi, al quale con totale serenità, consegnando la pistola, dice: “Ha vinto la Madonna. Tenga, non mi serve più! La Vergine ha guarito il mio spirito”. Ed aggiunge: “Se Lourdes ha fatto bene a me, farà bene a tanti altri ammalati”. Manifesta così al Vescovo e al giovane sacerdote che lo accompagna, Don Angelo Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII, l’idea di fondare una specifica associazione.

L’Unitalsi, quindi, nasce nel 1903 e, superate le difficoltà organizzative ed economiche, nel 1905 parte da Roma verso Lourdes, con un pellegrinaggio organizzato per la Diocesi di Viterbo dal “Comitato Nazionale pro Palestina e Lourdes”, un gruppo di volontari e di pellegrini con nove ammalati, otto uomini e una donna, accompagnati dallo stesso Tomassi sempre gravemente ammalato e due assistenti.

E' il primo pellegrinaggio dell’Unitalsi, o meglio con una partecipazione unitalsiana, ma l’Associazione non è ancora costituita a motivo dei diversi ostacoli burocratici incontrati.

Dal pellegrinaggio del 1905 appena citato, da quello nazionale del 1908, con la partecipazione di circa sessanta malati nella ricorrenza del 50° anniversario delle Apparizioni della Madonna alla Grotta di Massabielle, da quelli del 1911, con i malati sistemati in vagoni- letto, e del 1912, con un centinaio di malati assistiti da un Corpo medico guidato da Padre Agostino Gemelli, si passa al memorabile pellegrinaggio del 1913 guidato da Mons. Radini Tedeschi e presieduto dal Card. Giacomo Della Chiesa, Arcivescovo di Bologna e futuro Benedetto XV, formato da circa 3.000 Pellegrini e da 112 Ammalati provenienti da tutta Italia, trasportati da otto treni.

Infatti l’Unione, dal 1908, comincia a diffondersi e a costituirsi in Sezioni nelle principali Regioni d’Italia: prima tra tutte la Piemontese, poi la Ligure, la Veneta nel 1909, l’Emiliana .

Durante il primo conflitto mondiale, l’Unione sospende l’attività, ma subito pur tra tante difficoltà c'è una meravigliosa ripresa dei pellegrinaggi tanto che “nel 1921 al pellegrinaggio di agosto a Lourdes, presieduto dal Card. Achille Ratti, che pochi mesi dopo verrà eletto Pontefice con il nome di Pio XI, partecipano 1.000 pellegrini e 110 ammalati.

Intanto il 25 aprile 1920 muore il Tomassi non per la sua sofferenza ma perché si ammala di tetano; così la Famiglia ha scritto nel trigesimo della sua morte: “mai conobbe sconforto e sorridente, egli che soffriva, ai sofferenti dedicò la sua vita beneficando”.

Negli anni 1920-30 si nota una costante e progressiva partecipazione sia di pellegrini che di ammalati, dovuta ad un’entusiasta e appassionata propaganda delle nobilissime finalità dell’Unione, mediante una serie svariata di intelligenti iniziative, crescita che è in costante aumento anche perché negli anni del fascismo, l’Unitalsi, per le sue particolari connotazioni, fu l’unica associazione, (insieme all’Azione Cattolica), a non essere sciolta.

Nel 1930 i Comitati diocesani e le Sottosezioni raggiungono il numero di 200, per cui sono presenti in tutte le principali Diocesi italiane.

Qualche Sezione è ormai in grado di organizzare treni per conto proprio, per cui l’Unione si rende gradualmente indipendente dal Comitato pro Palestina e Lourdes pur continuando una fruttuosa collaborazione

Nel 1931 per la sua organizzazione e competenza, l’Unione viene riconosciuta dalla Arciconfraternita dell’Hospitalité di Lourdes.

Nel 1935 il Comitato pro Palestina e Lourdes e l’Unione, per aderire all’invito del Papa di partecipare al solenne triduo di adorazione indetto a Lourdes nei giorni 26-28 aprile onde scongiurare il pericolo di un nuovo conflitto che sembrava imminente per il continuo aumentare di tensioni internazionali, organizzano un grande pellegrinaggio nazionale.

Le solenni e grandiose celebrazioni sono presiedute e concluse dal Card. Eugenio Pacelli, legato pontificio e futuro Pio XII.

A causa della congiuntura politica europea ed internazionale degli anni trenta e delle “sanzioni economiche” decretate dalle Nazioni Unite contro l’Italia, nel novembre del ‘35 si manifestano notevoli difficoltà per organizzare i pellegrinaggi, anche a motivo del contingentamento dei treni italiani diretti a Lourdes, poi sospesi dal 1939 per gli eventi bellici del secondo conflitto mondiale.

Per continuare ad operare e non interrompere l’attività, come era avvenuto durante la prima guerra mondiale, si pensa di sviluppare i pellegrinaggi ai santuari regionali, come già avveniva da alcuni anni, e di indirizzarli anche verso il Santuario di Loreto.

L’iniziativa è del segretario generale di allora, il Principe Don Enzo di Napoli Rampolla, e così l’8 maggio 1936 arriva a Loreto il primo “treno bianco” dell’Unitalsi con 230 Malati.

I pellegrinaggi a Loreto continuano anche durante il periodo del secondo conflitto mondiale e fino al settembre ‘43; vengono sospesi soltanto nel periodo in cui la guerra si svolge sul territorio italiano e riprendono nel settembre del ‘46.

Nel ‘47 riprendono anche, pur tra tante difficoltà e notevoli disagi, i pellegrinaggi per Lourdes e per il pellegrinaggio nazionale dal 28 agosto al 2 settembre, con la partecipazione contemporanea di tutte le Sezioni, si organizzano due treni, uno per l’Italia settentrionale e l’altro per l’Italia centrale e meridionale.

Intanto l’Associazione, superando incertezze e difficoltà economiche e politiche, si impegna attivamente per riordinare e nel contempo rinnovare la propria organizzazione.

Rapidamente si risveglia l’iniziale fervore di mettersi a servizio della Sofferenza, di continuare a rispondere all’invito dell’Immacolata “Venite qui in processione” .

Via via, con costante progressione e prosperità, i “treni bianchi” delle diverse Sezioni riprendono il loro cammino di fede per vivere e testimoniare concretamente “il Vangelo della Carità” che, come affermato da S.S. Giovanni Paolo II, “è la grande profezia dei tempi presenti” che ci consente, come si legge nell’attuale Statuto del settembre ‘97, “di promuovere un’azione di evangelizzazione e di apostolato verso e con i fratelli ammalati e disabili, in riferimento al messaggio del Vangelo e al Magistero della Chiesa”.

Così, da due treni del 1947 per Lourdes e dal primo treno per Loreto nel 1936, via via si passa, nel 1978, a 76 treni per Lourdes e 32 per Loreto; nel 1985, a 84 per Lourdes, 33 per Loreto, 3 per Fatima e 1 per Banneux; poi, nel 1992, a 116 per Lourdes, 36 per Loreto, 4 per Fatima e 1 per Banneux, per arrivare, in questi ultimi tempi, a circa 135 treni all’anno soltanto per Lourdes.

Nel 1971 si costituisce la società SCI La Ribère che acquisterà a Lourdes l’Hôtel Béthanie per metterlo a disposizione degli ammalati e prende il nome di “Salus Infirmorum”; nel 1995 diventa una moderna costruzione, senza barriere fisiche o psicologiche, con 370 posti letto malati, che dà accoglienza, a rotazione, agli ammalati e ai disabili che ogni anno si recano nella città mariana accompagnati dai volontari dell’Associazione.

Nel 1975 iniziano gli annuali Convegni Nazionali, prima a Loreto, poi a Roma, poi ancora a Loreto, mentre quello in occasione del Centenario dell’Unitalsi si è tenuto a Rimini nel marzo 2003: un grande incontro aperto alla vita della Chiesa, alle più autorevoli voci della società e dell’imprenditoria anche per imparare ad aprire il cuore alla solidarietà, alla pace, al mondo.

Negli anni ‘80 e ‘90 l’Associazione, oltre ai pellegrinaggi, inizia a realizzare attività di grande significato spirituale e sociale: assistenza domiciliare, organizzazione di soggiorni estivi e invernali e quant’altro necessario per superare ogni forma di emarginazione e di discriminazione verso coloro che sono ammalati e disabili, attività che acquistano particolare rilievo con l’applicazione dell’ultimo Statuto dell’Associazione del settembre ‘97.

All’inizio l’Associazione si propone con diverse denominazioni: “Unione per il trasporto dei malati poveri a Lourdes”, “Associazione Nazionale dei Volontari di Lourdes”, “Comitato di soccorso per il trasporto dei malati a Lourdes”, e dal 1929 con quella di “Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes”. Senza escludere che le sigle iniziali dell’Associazione, anche se non ufficializzate, siano state U.N.T.M.A.L., (Associazione Nazionale Trasporto Malati A Lourdes) o U.N.T.A.L., (Associazione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes), si può dire che la sua prima sigla ufficiale è stata U.N.I.T.A.L., acronimo che ha mantenuto almeno ufficialmente sino alla formulazione dello Statuto del gennaio 1932, comunque sino a quando l’attenzione dell’Associazione è rivolta anche ai Santuari Italiani. Alla sigla ufficiale iniziale di U.N.I.T.A.L., quindi, si sono aggiunte le lettere “S” ed “I” che stavano per “Santuari d’Italia”, e quindi U.N.I.T.A.L.S.I., Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari d’Italia, poi “Italiani”. Successivamente, da quando l’attenzione si rivolge anche ai Santuari di Fatima e di Banneux, la “I” finale sta per Internzionali.

Si ha notizia che il primo Statuto dell’Associazione, composto da 24 articoli, sia stato scritto dal Tomassi già nel 1904 e nello stesso, agli artt. 1 e 2, si legge: <È costituita con la benedizione del S. Padre un’Unione che ha per iscopo il trasporto dei malati poveri italiani a Lourdes e l’assistenza gratuita dei malati che vi si recano a proprie spese. L’Unione è diretta da un apposito Segretariato, d’intelligenza e sotto la guida del Comitato pro Palestina e Lourdes>.

Risulta poi che il Cardinale Pietro Respighi, Vicario Generale della Curia Romana, ha approvato, in data 29 giugno 1909, come si evince dal relativo decreto “il nuovo Statuto dell’Unione Nazionale per il trasporto dei malati poveri a Lourdes.

Allo scopo di ottenere il riconoscimento ecclesiale, il Comitato direttivo dell'Associazione, il 5 marzo 1910, è ricevuto in udienza da S.S. Pio X al quale viene presentato il “Regolamento” della stessa accompagnato da una lettera autografa del Tomassi nella qualità di segretario generale, scritta a nome del “Comitato di soccorso per il trasporto dei malati a Lourdes»

Nel contesto della lettera appena citata tra l’altro si legge: “Nello scorso anno (1909), come la Santità Vostra rammenterà, , ricorreva il 60° anniversario di sacerdozio di S.E. R.ma A. M. Grasselli (Vescovo di Viterbo), il quale volle festeggiare la fausta data ai piè della Vergine dei Pirenei. La più santa gioia procurò al suo cuore la lettera autografa di augurio della Santità Vostra; ma anche noi suoi pellegrini dovevamo mostrare la nostra esultanza a fare a Lui un dono perenne! Esclusi i preziosi oggetti votivi a donarsi in simili circostanze, io proposi di fondare in omaggio a Mons. Grasselli un Comitato che portasse gratuitamente ed annualmente a Lourdes nei pellegrinaggi da Esso indetti un buon numero di malati poveri. Lo Statuto (quello approvato dal Card. Respighi) è stato anche approvato da S.E. Mons. Grasselli, che accettò la Presidenza effettiva», il quale ha nominato «me Segretario Generale e il Comitato comincerà ad espletare l’opera sua benefica nel pellegrinaggio del prossimo settembre» (1910). E così conclude la lettera: “ E siamo sicuri che la Santità Vostra si degnerà apporre su questo foglio che gelosamente custodiremo nel nostro piccolo archivio, la chiesta approvazione ed una speciale Benedizione Apostolica per tutti coloro che in ogni modo ci coadiuveranno», approvazione e benedizione che risultano scritte di pugno del Papa Pio X sia in calce alla suddetta lettera datata 5 marzo 1910 sia in calce al citato Regolamento dell’Associazione sotto la denominazione di “Corpo nazionale dei volontari italiani per l’assistenza dei malati a Lourdes”.

In calce alla lettera si legge: “ Approviamo l'opera santa e con il voto di un ottimo successo ai diletti Promotori e Benefattori impartiamo di cuore l’apostolica Benedizione».

In calce al Regolamento si legge: «Approviamo anche questo Regolamento facendo voto che da tutti sia puntualmente osservato»

Approvando l'iniziativa S.S. Pio X poi proclamato Patrono dell'Unitalsi con lettera apostolica in forma breve in data 8 febbraio 1982 – ebbe a dire - “ Di opere di carità ce ne sono tante, ma questa tutte le sorpassa sicché può chiamarsi opera di carità per eccellenza ed io invito tutti a lavorare per la prosperità di questa nascente Unione”

Negli ultimi due statuti si accenna brevemente che il Codice di Diritto Canonico, vigente sino al 1983, non prevedeva una distinzione, una qualificazione delle associazioni ecclesiali e, alla fine degli anni settanta, era allo studio la stesura di un nuovo Codice che ha apportato significative innovazioni in materia di associazioni, introducendo la distinzione netta tra associazioni private e associazioni pubbliche.

Sono associazioni ecclesiali private quelle che vengono costituite liberamente per iniziativa dei fedeli. Nei confronti di queste associazioni e a seguito di una loro libera richiesta, l’Autorità Ecclesiastica può emettere un provvedimento idoneo a riconoscerne la rilevanza ecclesiale, ma questo provvedimento non muta la loro natura privata. Infatti, l’agire delle associazioni private impegna soltanto la responsabilità diretta della sola associazione e non anche quella della Chiesa. Inoltre, la loro personalità giuridica, se richiesta, va riconosciuta con apposito decreto emesso dalle Autorità civili dello Stato.

L’Associazione, se vuole, può avere un Assistente Ecclesiastico scelto dagli organi direttivi della stessa e può o meno chiedere per lo stesso l’approvazione da parte dell’Autorità Ecclesiastica.

Sono invece associazioni ecclesiali pubbliche quelle che, per la particolare importanza delle finalità che perseguono, sono costituite ed erette direttamente dall’Autorità Ecclesiale, e non per libera iniziativa dei fedeli, come accennato per quelle private. Inoltre, l’associazione pubblica, con lo stesso decreto con cui viene eretta, è contestualmente costituita in persona giuridica pubblica e significativamente riceve dall’Autorità Ecclesiastica la missione di realizzare i fini che si propone in nome della Chiesa.

Agisce, quindi, a differenza delle private, spendendo il nome della Chiesa, agisce in nome della Chiesa ed opera in favore di scopi ed utilizzando mezzi che impegnano in modo immediato e diretto la responsabilità dell’Autorità Ecclesiastica per il bene pubblico della stessa Chiesa. L’Autorità Ecclesiastica, inoltre, con apposito decreto nomina l’Assistente Ecclesiastico.

Nessun accenno si ha in ordine alla qualificazione dell’Unitalsi nei due Statuti del 1904 e del 1909, se non l’approvazione e la benedizione di S.S. Pio X relativamente a quest’ultimo, e l’approvazione del Vicario Generale del Papa per la Diocesi di Roma per quelli successivi prima citati.

Alla fine degli anni settanta –anche per dare all’Associazione una connotazione ecclesiale– viene avvertita l’esigenza di formulare un nuovo Statuto che viene redatto il 5 dicembre 1980. Il successivo giorno 8, nella solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, il Cardinale Ugo Poletti –nella qualità di Vicario Generale di Sua Santità e di Ordinario della Diocesi di Roma e a seguito del parere espresso dalla Conferenza Episcopale Italiana– decreta l’erezione canonica dell’Associazione nella Diocesi di Roma.

Successivamente, da parte del Capo dello Stato, il 12 ottobre 1984, viene decretato il riconoscimento civile dell’Associazione: questo riconoscimento non ha affatto mutato la sua natura ecclesiale ma le ha solo conferito esistenza e rilevanza nell’ordinamento italiano per porre in essere atti giuridici.

Con riferimento alla qualificazione, all’art. 1 di tale Statuto è detto che «l’Unitalsi è un’associazione con fini di culto e religione».

L’Associazione, tuttavia, non ha ancora, come oggi, una ben precisa connotazione sotto il profilo ecclesiale, ma per i contenuti teologici della Premessa Istituzionale a tale Statuto, si può affermare che l’Unitalsi è un’associazione ecclesiale, a tutti gli effetti e addirittura pubblica, sin dal 1980.

In tale premessa, infatti, dopo aver anteposto che l’Unitalsi <fin dal suo inizio ha inteso essere, ed è stata, un segno e un annuncio della corresponsabilità dei laici nella costruzione della Chiesa e che ha scelto come campo specifico del suo apostolato il vasto mondo degli ammalati per essere parte viva ed operante nella Chiesa>, precisa che in questo settore i suoi aderenti intendono vivere pienamente il loro Battesimo e, nella fedeltà ai Sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia, riconoscono il fondamento della loro consacrazione all’apostolato.

Inoltre si legge che «l’Unitalsi si fa collaboratrice nelle mani dei Vescovi per assistere e curare gli infermi nello spirito del Vangelo, in primo luogo, con la formazione spirituale, morale ed ecclesiale dei suoi soci, perché siano poi, non solo umili servitori degli ammalati durante i pellegrinaggi, ma soprattutto modello di vita cristiana».

Non è del tutto peregrina l’idea che nel 1980 –mentre erano in corso gli studi per la ristrutturazione del nuovo Codice di Diritto Canonico– gli estensori di quella premessa, conoscendo i nuovi orientamenti della Chiesa in materia di Associazioni, si siano attivati per formulare, sia pure nella premessa istituzionale, principi e concetti tali da inquadrare l’Unitalsi, con l’entrata in vigore del nuovo Codice, tra le Associazioni pubbliche.

Il decreto di erezione canonica dell’Associazione, a firma del Cardinale Ugo Poletti, afferma che il servizio di carità verso i malati ha un’alta espressione nell’opera dei volontari che organizzano i pellegrinaggi a Lourdes e agli altri santuari in quanto consente a coloro che soffrono la possibilità di trovare nell’incontro con Maria e con la Chiesa la consolazione dello Spirito.

Nel ’96, infine, con l’intendimento di adeguare formalmente la qualificazione dell’Unitalsi al vigente Codice di Diritto Canonico e per snellire la struttura degli Organi direttivi, con il Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, è stato concordato di formulare un nuovo Statuto che dal citato Consiglio, come si legge nella lettera di accompagnamento a firma del Segretario Generale, è stato esaminato ed approvato nella sessione 15-18 settembre del ’97 ed ufficialmente consegnato all’Unitalsi il 28 novembre 1997. All’art. 1 dello stesso si legge che «l’Unitalsi è un’Associazione pubblica di fedeli dotata di personalità giuridica canonica per formale erezione da parte della Conferenza Episcopale Italiana». Oltre alla precisa definizione in ordine alla qualificazione, con l’attuale Statuto i soci sono definiti “fedeli”, e non più “laici” come nel precedente, termine questo che poteva essere inteso, oltre come persona che non ha ricevuto gli ordini religiosi, anche come persona estranea ad una professione di fede religiosa o che non la segue con coerenza. E sono fedeli «coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il Battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel loro modo proprio dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo», (CCC, 871), «cooperano all’edificazione del Corpo di Cristo secondo la condizione e compiti propri di ciascuno», (CCC, 872), «hanno l’obbligo e godono del diritto, individualmente o riuniti in associazione, di impegnarsi affinché il messaggio divino della salvezza, sia conosciuto e accolto da tutti gli uomini e su tutta la terra» (CCC, 900). Altra peculiarità del citato Statuto è che può essere riconosciuta la qualifica di socio ausiliare ed effettivo agli ammalati e ai disabili che ne fanno domanda.

Anche in ordine al fine che l’Unitalsi ha inteso ed intende perseguire, si è avuta una significativa evoluzione che conferma, peraltro e ulteriormente, la sua ecclesialità.

Come già evidenziato, all’art. 1 dello Statuto del 1904 è scritto che «È costituita un’Unione che ha per iscopo il trasporto dei malati poveri italiani a Lourdes», e all’art. 1 dello Statuto del 1909 è scritto che «Scopo dell’Associazione è l'assistenza gratuita dei malati che si recano a Lourdes» finalità queste, pellegrinaggio, trasporto e assistenza, ancora presenti nei successivi Statuti e sino a quello del 1966.

Scopo iniziale, dunque, è stato soltanto quello di organizzare dei pellegrinaggi a Lourdes, poi estesi ad altri Santuari Mariani e nessun accenno si riscontra con riguardo all’aspetto spirituale dei Soci. Questo fine di promuovere i pellegrinaggi, in buona sostanza, appare ancora preminente –con riguardo alla formazione spirituale, morale ed ecclesiale dei soci – nella formulazione dello Statuto del 1980, e ciò nonostante i concetti teologici riportati nella premessa istituzionale prima citata e benché la stessa anteponga, «in primo luogo», tale formazione al servizio specifico dell’Unione, per essere «poi umili servitori degli ammalati durante i pellegrinaggi».

Invero, all’inizio dell’art. 2 dello Statuto del 1980 è scritto che «l’Unione ha il fine di svolgere un servizio verso gli ammalati promuovendo i Pellegrinaggi» e poi, più avanti, «si prefigge inoltre lo scopo di aiutare i malati e i soci nella formazione spirituale», per cui questo aspetto, quanto meno, appare aggiuntivo al fine del pellegrinaggio.

Nell’ultimo Statuto, invece, quel concetto temporale del “prima” e del “poi” della citata premessa è esplicitato chiaramente e i termini dello scopo, promozione dei pellegrinaggi e formazione spirituale, risultano capovolti rispetto alla formulazione del penultimo Statuto. Quindi con tale Statuto del settembre ‘97 la formazione spirituale, ecclesiale è prevalente, prioritaria rispetto al pellegrinaggio. Infatti, all’art. 1 di detto Statuto si legge soltanto che «l’Unitalsi è un’Associazione pubblica di fedeli che in forza della loro fede e del loro particolare carisma di carità, si propongono di incrementare la vita spirituale degli aderenti e di promuovere un’azione di evangelizzazione e di apostolato verso e con i fratelli ammalati e disabili, in riferimento al messaggio del Vangelo e al Magistero della Chiesa»Poi, all’art. 2 si legge che «l’Associazione attua il fine di cui all’articolo precedente anche svolgendo un servizio verso e con gli ammalati e i disabili, promuovendo il culto Mariano mediante la preparazione, la guida e la celebrazione di pellegrinaggi» Prescindendo dal considerare che le espressioni usate porterebbero a dire che unico fine è quello di «incrementare la vita spirituale degli aderenti», in ogni caso, per la sequenza dei concetti, si può affermare che il servizio verso e con gli Ammalati e i Disabili è ancora insito nel fine dell’attuale Statuto dell’Unitalsi essendo il particolare carisma della stessa, e che il pellegrinaggio unitalsiano oggi non è più un fine, come dire, a se stesso, ma è un mezzo, un ausilio per promuovere il culto Mariano, per incrementare la vita spirituale degli aderenti.

Non si tratta più di “promuovere i pellegrinaggi” per “trasportare” e/o “assistere i malati”, come era all’inizio e sino agli anni settanta, ma si tratta di “promuovere il culto Mariano” attraverso “la preparazione, la guida e la celebrazione di pellegrinaggi”.

È una sorta di graduatoria, di scaletta dalla quale si evince, come accennato, che “in primo luogo” gli associati devono incrementare la propria vita spirituale e promuovere un’azione di evangelizzazione e di apostolato, e “poi” svolgere un servizio verso e con i fratelli bisognosi e promuovere il culto Mariano avvalendosi dei pellegrinaggi, in ordine ai quali si parla anche di “celebrazione del pellegrinaggio”.

Si è accennato che negli anni sessanta e settanta, uomini e donne, professionisti, operai, impiegati, giovani e meno giovani, si inseriscono sempre più numerosi nell’Associazione per conoscere e vivere l’esperienza del servizio ai malati.

A livello nazionale l’Associazione cresce notevolmente, è presente in quasi tutte le Diocesi italiane e via via –anche per la presenza sempre più costante degli Assistenti spirituali nominati dalle Autorità competenti e alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II– si interroga sulla sua identità, sul suo rapporto con la Chiesa, sulle attese di questa, sulla sua ecclesialità, sul significato del suo servizio.

Lourdes, Loreto, Fatima, Banneux e i Santuari regionali non sono più considerati soltanto le mete dei pellegrinaggi, ma diventano nel tempo proposta evangelica di povertà, di accoglienza, di fede; sono palestre di umanità, che offrono la possibilità di vivere nell’amore una forte esperienza di Chiesa, un’esperienza ricca di tanta spiritualità e di gioia cristiana. In questo contesto di amore evangelico, sviluppatosi nel corso degli anni, gli associati consacrano se stessi in una disponibilità che via via diventa ascolto, attenzione, e quindi condivisione

La vocazione unitalsiana non è un hobby nè un riempitivo per il tempo libero, e non può nemmeno essere soltanto una specie di choc emotivo che viviamo in alcuni momenti o periodi del nostro anno, quando andiamo in pellegrinaggio, ma questa vocazionalità, questa ministerialità, deve radicarsi nella nostra ecclesialità.

Si tratta di radicare, di specificare sempre meglio il nostro servizio ecclesiale, imparando a vivere e ad annunciare il valore profetico del dolore nel mistero della Redenzione. Una finalità, questa, che identifica l’Unitalsi come efficace strumento di collaborazione nelle mani dei Vescovi, per illuminare il valore della sofferenza, per assistere e curare gli infermi nella prospettiva evangelica, che ci manifesta nel volto dei fratelli i lineamenti di Cristo stesso sofferente, e che ci rende, perciò, umili servitori degli ammalati, non solo durante i pellegrinaggi ma nella continuità di un impegno che dura sempre.

Da ciò la necessità di una formazione permanente, spirituale, morale ed ecclesiale, in modo che dalla propria testimonianza di vita cristiana derivi l’accettazione di una presenza di carità, da svolgere in comunione con la missionarietà di tutta la Chiesa.

Una formazione che suggerisca, personalmente e anche come comunità, la capacità di invenzione, di creatività, di apporto ad essere sempre aperti, accoglienti e pronti a quelli che sono gli stimoli che vengono dal mondo della sofferenza, che assuma connotazioni sempre più diverse nella sua collocazione culturale e sociologica.

Una formazione che porti a capire se è più importante il gesto della carità o l’intenzione soprannaturale che sta dentro il gesto della carità, che porti, quindi, a sviluppare la spiritualità che sta dentro i gesti della carità per non correre il rischio di compiere azioni soltanto sul piano dell’efficienza, e non sul piano della costruzione del Regno di Dio e quindi della evangelizzazione.

Che educhi a distinguere tra carità esercitata come dovere e carità esercitata come atto di grande amore che Cristo compie in noi e che dona a noi attraverso la sua morte e la sua Resurrezione.

Che porti a capire, ancora, che il servizio unitalsiano non è una vocazione di tristezza, ma vocazione di gioia. Una gioia che non è allegria o allegrezza, che in qualche modo deve distrarre e allontanare le preoccupazioni, ma una gioia che nasce dalla consapevolezza che il Signore è fedele al suo patto, che il Signore è vicino a noi, per cui l’affidabilità, la capacità di comunicare diventano l’occasione per testimoniare la gioia stessa del Signore, la nostra appartenenza al Signore.

Ecclesialmente l’Unitalsi deve resistere alla tentazione di essere una “chiesa a parte”, non inserita non solo nel territorio diocesano ma nemmeno nella concreta storia delle parrocchie, nei luoghi cioè dove la vita del singolo e del gruppo si confronta con le “ordinarie” strutture ed esperienze della Chiesa.

Una Unitalsi che diventa a sua volta “parrocchia”, che si crea in isolamento i propri riti e le proprie catechesi senza sentire la vitalità e necessità di uno stretto rapporto di collaborazione e di cammino con gli Ordinari Diocesani e con la Chiesa locale, finisce per esprimersi in iniziative che, disincarnate dalla storia, perdono spessore e profondità.

Appare invece necessario rivitalizzare la presenza unitalsiana nel cuore della vita della Chiesa, appassionandosi a quel Popolo di Dio che conserva il suo rapporto quotidiano con le strutture ecclesiali locali ed operando affinché il disabile, il malato, il povero, l’emarginato diventino “l’orizzonte normale” della vita di tutte le comunità cristiane e la comunità sia in grado di guardare loro come a delle persone.

E anche nei confronti di tutti i soci deve essere riaffermato e ribadito che è l’esperienza viva della fede che diviene forza creatrice ed unificante e che la spiritualità dell’Associazione non è un “di più facoltativo” rispetto al concreto dispiegarsi della nostra storia, ma “il prima, il durante, il dopo” di ogni nostro gesto.

Significativo e di fondamentale interesse è quanto scritto nella “Riflessione introduttiva” al programma della Presidenza Nazionale per il quinquennio 2001-2005: «Nell’Unitalsi hanno cominciato a crearsi e svilupparsi in questi anni una nuova mentalità, una nuova presa di coscienza, una straordinaria capacità di proporre impegni nuovi, un diverso modo di condividere la strada dei poveri, dei malati e dei disabili: su questo cammino si dovrà proseguire, non essendo pensabile né proponibile un arrestarsi o un ritorno indietro.

L’Unitalsi –fermo restando il carisma fondamentale della sua storia ormai centenaria promuovendo il culto mariano mediante l’organizzazione dei pellegrinaggi– per rispetto al mondo della sofferenza, della disabilità e della emarginazione, deve essere capace da un lato di rispondere con concretezza e continuità ai bisogni di “anticipare il futuro”, interpretando le linee di tendenza della storia e proponendo esperienze di liberazione e di socialità che siano “segno” di una nuova vita possibile. L’Unitalsi allora deve divenire “profezia”, deve essere in grado di parlare “la lingua degli ultimi”, perché ogni parola diventi inizio di costruzione.

E rispetto ai malati e ai poveri, l’Unitalsi deve prestare maggiore e decisiva attenzione al tema dei diritti, del lavoro, della dignità, del servizio proprio perché essere persona significa poter godere dei diritti e dei doveri.

In definitiva, come ha scritto Giovanni Paolo II al punto 50 della Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte”: “Lo scenario della povertà può allargarsi indefinitivamente, se aggiungiamo alle vecchie le nuove povertà. È l’ora di una nuova fantasia della carità, che si dispieghi non tanto e non solo nella efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione”».

Come previsto nello Statuto del settembre ’97, nel maggio 2001 viene eletto il primo Presidente Nazionale laico dell’Associazione, Antonio Diella, con un Consiglio Direttivo che resta in carica cinque anni e dalla CEI viene nominato Assistente Nazionale mons. Luigi Moretti.

Nel 2003 l’Unitalsi viene riconosciuta come Associazione di Promozione Sociale e ai sensi della legge 383 del 7.12.2000 e giusto decreto ministeriale del 17.09.03 è iscritta nel Registro Nazionale presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

E' altresì accreditata presso l’Ufficio Nazionale del Servizio Civile come Ente di seconda classe.

Nel 2004 viene iscritta tra le Associazioni di Volontariato del Dipartimento di Protezione Civile.

Il 2003, anniversario del Centenario della Fondazione, è stata l’occasione propizia per portare avanti e realizzare una nuova e significativa serie di impegni già programmati e tra questi e in particolare, quello in favore dei bambini, soprattutto per quelli colpiti da disabilità e gravi malattie.

A tal proposito è da ricordare il Pellegrinaggio Internazionale dei Bambini tenuto a Lourdes dal 21 al 26 giugno 2003 al quale hanno partecipato, da tutte le Regioni Italiane, con 12 treni e altrettanti aerei, circa 10.000 persone tra bambini, non solo disabili, genitori e volontari che hanno raggiunto Lourdes per vivere insieme una straordinaria esperienza di festa e di comunione.

Il pellegrinaggio è stato caratterizzato anche dalla presenza di centinaia di ragazzini, molti dei quali ammalati o poverissimi, provenienti da altri Paesi del Mondo, accompagnati dai genitori e

dai propri sacerdoti e che ogni Sezione Unitalsi si è impegnata a far arrivare, ospitare e quindi a portare a Lourdes a proprie spese.

Il Pellegrinaggio è stato un grande “Avvenimento di Pace e di Fraternità”, dove la sofferenza innocente e inspiegabile dei piccoli e delle loro famiglie ha incontrato la solidarietà e la festa di altri bambini e delle loro famiglie e di tanti volontari unitalsiani.

Per i ragazzini provenienti dall’Estero ogni Sezione Unitalsi ha realizzato –prima o dopo il pellegrinaggio – soggiorni di vacanza in Italia e si è impegnata a concreti gesti di solidarietà nei Paesi di provenienza (programma di vaccinazioni, realizzazione di un pozzo, programmi di istruzione, ecc.).

E il pellegrinaggio non è stato fine a se stesso, un isolato momento di gioia, ma è stato il momento di inizio di un rinnovato impegno di solidarietà verso questi bambini.

Da questo momento di grande condivisione è nata l’idea dell’annuale pellegrinaggio “Bambini di Pace”: nel 2004 e nel 2005 ad Assisi, nel 2006 ancora a Lourdes in concomitanza del Pellegrinaggio Nazionale e nel 2007 a Gardaland a Verona, nel 2008 a Parigi e Lourdes, nel 2011 ancora a Parigi, nel 2012 Roma, nel 2013 a Barcellona in Spagna.

La meravigliosa esperienza del 2003 è servita anche per accrescere la sensibilità e la partecipazione di tanti volontari unitalsiani, con la collaborazione dei ragazzi del Servizio Civile, ad altre iniziative promosse dall’Associazione. A Roma sono state allestite tre case di accoglienza per ospitare famiglie con la necessità di essere vicini ai propri figli durante i lunghi e talvolta ripetuti periodi di degenza in ospedale. I volontari si sono messi al servizio dei bisogni e delle necessità delle famiglie ospitate sia all’interno delle case che in ospedale dove spesso hanno dato il cambio ai genitori nell’assistenza dei propri figli per consentire un minimo di riposo. In questo contesto particolarmente apprezzato è stato il corso di “clown terapia” sostenuto dai giovani volontari che consente di organizzare feste ed animazioni nelle varie ludoteche degli ospedali per cercare di regalare un sorriso a chi quel sorriso lo ha perso da diverso tempo. Il “Call Center Unitalsi”, presso il quale prestano servizio più di 20 operatori oltre a 10 volontari di supporto, è il cuore di questo Progetto poiché proprio qui arrivano le varie richieste di aiuto che vengono smistate, organizzate e sostenute, anche in sede locale (quella di residenza della famiglia) sempre grazie alla presenza di volontari Unitalsiani che hanno una presenza e una diffusione capillare sull’intero territorio Nazionale.

Anche il progetto case famiglia nasce dalla consapevolezza che la casa famiglia, per le sue caratteristiche di struttura di piccole dimensioni, dotata del necessario supporto assistenziale di persone e strumenti adeguati, è capace di offrire alla persona disabile l’opportunità di una vita indipendente e integrata nel contesto sociale urbano, così da rappresentare un modello di soluzione del “dopo di noi” assolutamente valido e in grado sia di sostituire e superare l’istituzionalizzazione e sia di coadiuvare il volontariato intra-familiare in situazioni di impossibilità o impedimento temporaneo. L’obiettivo principale del Progetto Case Famiglia è:

1. pianificare la gestione, insieme con persone disabili, di una casa caratterizzata da spazi fruibili da chiunque e di un contesto familiare ambientato in un insieme urbano che consenta il migliore godimento delle opzioni e dei servizi cittadini, per una più facile integrazione sociale;

2. migliorare la qualità della vita delle persone non autosufficienti, attraverso il potenziamento delle residue autonomie personali;

3. costruire una valida alternativa all’istituzionalizzazione, per le persone disabili che vivono in famiglie che non sono più in grado di soddisfare tutte le loro necessità, o che non le hanno affatto;

4. offrire sostegno alle famiglie in caso di emergenze in cui sia estremamente difficoltosa la permanenza della persona disabile nel proprio nucleo familiare.

Case famiglia sono già in attività a Barletta, Lecce, Pisa e Cantalice di Rieti, Cagliari, Ascoli Piceno, Bologna e Tivoli. Altre sono in procinto di aprire ed altre sono in costruzione.

L’Unitalsi di oggi è sempre più strumento attraverso cui la disperazione diventa speranza e la tristezza si trasforma in sorriso

Ben radicati nella vostra storia, guardate al futuro con fiducia e lungimiranza e la carità vi spinga ad aprire sempre nuovi campi di azione per realizzare nuovi progetti di promozione umana e di evangelizzazione a favore degli ammalati, dei piccoli, degli ultimi. È in questo terreno che devono affondare le radici del vostro essere, del vostro agire”. Così S.S. Giovanni Paolo II ci ha scritto nel febbraio 2003.

Ciò suppone una intensa vita spirituale che tragga quotidiano alimento dalla preghiera, dalla pratica sacramentale e da una seria ascesi personale.

Nella nostra Diocesi di Sora Aquino Pontecorvo l'UNITALSI è nata agli inizi degli anni settanta con gruppi parrocchiali che facevano riferimento alla sottosezione di Frosinone.

Nel 1993, in attuazione del nuovo Statuto , fu eretta la sottosezione di Sora Aquino Pontecorvo.

Dopo un anno di commissariamento entrava in pieno regime con la elezione degli organi statutari. La Sottosezione, nel tempo, ha avuto notevole espansione, tanto che attualmente conta oltre 600 soci tra effettivi, ausiliari ed aggregati.

E' presente con gruppi di volontari ad Aquino, Pontecorvo, Villa S. Lucia, Castrocielo, Pico, Arce, Roccadarce, Arpino, Isola del Liri, Sora, S. Donato V.C., Picinisco,Civitella Roveto e Morino.

Con numerosi ammalati e volontari partecipa ai Pellegrinaggi a Lourdes, Fatima, Terra Santa, Loreto, S. Giovanni Rotondo, Pompei, Canneto, Castelpetroso, San Gabriele dell’Addolorata, S. Rita da Cascia, Assisi, San Pietro, ed in altri santuari minori.

in Sora, dapprima presso il Centro S. Camilo, in Valleradice, poi nella Scuola Achille Lauri al centro di Sora ed infine presso la Scuola primaria di S.Rocco, sita nell'omonimo Rione, a luglio, organizza, da 27 anni, consecutivamente, un soggiorno estivo denominato “ESTATE SORANA DEL DIVERSAMNTE ABILE” cui gratuitamente partecipano circa 80 disabili di cui 50 con pernottamento, assistiti, notte e giorno, dai suoi volontari.

Durante il soggiorno, le giornate sono cadenzate da intense attività che vanno dalle lodi mattutine, al S. Rosario a mezzogiorno, alla S.Messa verso le ore 18, per chiudere con mini concerti, recite , corride e sfilate di moda serali, cercando di coinvolgere in ogni modo gli ammalati, così da farli sentire protagonisti.

Nel corso dell'anno organizza, altresì, Giornate di Fraternità ad Aquino, Pontecorvo, Pico, Castrocielo, Arce, Fontana Liri, Isola del Liri, Arpino, San Donato V.C., Roccadarce, Campoli Appennio, Morino e Civitella Roveto.

Con cadenza mensile organizza incontri di formazione e di crescita spirituale a livello di sottosezione e partecipa a congressi ed incontri di formazione organizzati a livello regionale e nazionale.

Con i suoi volontari e le sue infrastrutture ( materassi, reti, cucine, cinque pulmini attrezzati per disabili, sedie a rotelle, etc. ) interviene, secondo la sua peculiarità, in caso di emergenze e/o calamità.

Offre un servizio di supporto gratuito alle famiglie di disabili e di poveri accompagnando studenti diversamente abili in gite scolastiche, trasporta disabili da e per le strutture sanitarie locali, regionali e nazionali,; accompagna disabili alle celebrazioni di matrimoni, prime comunioni, cresime e compleanni.

Il rapporto che l'UNITALSI ha con le famiglie dei disabili e dei volontari è un rapporto improntato al rispetto ed alla delicatezza. I suoi volontari sono consapevoli che entrare dentro una famiglia può determinare, anziché un aiuto, un peso ulteriore, in quanto potrebbe essere visto come un controllo, una censura: ecco perché vi entra in punta di piedi e solo con l'intento di aiutarla e di alleggerirne il peso.

Lo scopo delle giornate di fraternità e dei soggiorni, in buona sostanza, oltre che far star bene il diversamente abile , è anche quello di “alleggerire” la famiglia stessa e di liberarla per una giornata o per un periodo più lungo, dalla necessità di dover stare in casa ad accudire il congiunto disabile.

Il volontario dell'UNITALSI sa bene che il suo compito non è quello di farsi dire bravo, di ricevere elogi, e/o di fare il maestrino della carità, bensì quello di fare silenzio di fronte al dolore e di dare una mano, ben consapevole che, comunque, qualsiasi sia il suo aiuto, sarà sempre un aiuto precario ed insufficiente rispetto al peso che ricade sia sul malato che sulla sua famiglia.

Da qui la necessità di una formazione permanente, una formazione che faccia capire se è più importante il gesto di carità o l'intenzione soprannaturale che è immanente al gesto medesimo, una formazione che porti a sviluppare la spiritualità che vi sta dentro e non correre il rischio di compiere azioni perfette sul piano dell'efficienza, ma povere sul piano della costruzione del Regno di Dio.

Giovanni Battista Tomassi, il Fondatore dell'UNITALSI, si è convertito, ha mutato la sua disperazione in speranza, ha afferrato il senso cristiano del dolore e della malattia non da fatti straordinari, ma dal modo, dal garbo e dalla delicatezza con i quali i volontari aiutavano i malati ad entrare nella Grotta per pregare, cioè dalla condivisione e dall'amorevole conforto che essi davano ai malati, cui infondevano fiducia, serenità e speranza.

 

Franco Mariani